domenica 31 marzo 2013

Gopugicaca

Romeo Gnudi, purtroppo per lui, oltre ad essere un coglione di quindici anni che aveva ripetuto tre volte la seconda media, era anche sfortunato: non conosceva la Zanna.


Quel primo giorno di scuola, appena suonò la campanella d’entrata, Romeo Gnudi si avviò per primo verso le scale che portavano dal cortile al portone d’entrata.

Pochi secondi dopo la massa di marmaglia scolare cominciò a salire quelle scale: le ragazzine davanti, convintissime; molti ragazzotti in jeans e felpa, molto meno convinti, dietro. Romeo Gnudi si appoggiò alla ringhiera, più o meno a metà scala, e da lì osservava il passo lento e ordinato dei nuovi e dei veterani. Lo notai quando gli passai davanti.
"Che cavolo fa quel tipo appoggiato lì?" -pensai –, perché non va verso la sua classe come gli altri?"

Passai oltre, evitando di guardarlo negli occhi, poi sentii, dietro di me, un suono sordo. Mi girai: era la faccia di Ciccio sulla gomma antiscivolo che ricopriva gli scalini. Mi inchinai sul corpo di Ciccio e lo bloccai per istinto, tirandolo dallo zainetto prima che cominciasse a franare sulla massa studentesca dietro di lui. Mentre le mie braccia lottavano per sostenere il peso – per me proibitivo – dell’amico Ciccio, vidi il ghigno sorridente di Romeo Gnudi e sentii le risate dei suoi amici in cortile, di fianco alle scale.

- Bèh, cosa succede - ironizzò Romeo Gnudi-, il ciccione non ha visto il mio piede?-
Mentre io lottavo per rimettere in piedi Ciccio, la Zanna saliva le scale con sguardo impassibile. Appena arrivò all’altezza dello stronzissimo bulletto che rideva divertito, facendo eco agli amici, Marina "Zanna" Zanardi mi sorrise e mi strizzò l’occhio girando lievemente il capo, di modo che Romeo Gnudi non potesse vederla in volto. Non ebbi il tempo di interpretare quei segnali né di capire cosa stesse per succedere; vidi solo quattro movimenti rapidissimi delle braccia e delle gambe della Zanna. Poi il mondo sembrò fermarsi per un attimo.

Gopugicaca, la Zanna lo aveva colpito col gopugicaca. Sentii come le risate di Romeo Gnudi si trasformavano in un rantolo di dolore, poi lo vidi crollare sulle scale.
Gopugicaca non è il nome di una pianta medicinale degli Incas né un lago ai piedi delle Ande, e nemmeno un’antica città azteca o tolemaica. Gopugicaca è la legge della strada, è la giustizia nei piedi e nelle mani della Zanna; anzi, gopugicaca è Zanna allo stato puro quando la Zanna si incazza.
Per essere concreti, gopugicaca è go di gomitata (sul setto nasale), pu di pugno (uppercut al diaframma, che piega l’avversario), gi di ginocchiata (abitualmente sul punto più sensibile della fisionomia maschile), poi, ca-ca sta per calcio due volte, oppure cazzottone e calcio. Questi ultimi due colpi potevano essere inferti in vari modi, secondo lo stato d’animo della Zanna, il livello di incazzatura in lei suscitato dal colpevole e la severità della pena inflitta.

***


Mezz’ora più tardi ci ritrovammo in quel luogo a volte temuto, a volte inaccessibile, denominato Presidenza.

Oltre a me, la Zanna, Ciccio e il suo agressore reo confesso Romeo Gnudi, erano presenti il Professore di Applicazioni Tecniche, Signor Tabaroni e la pazientissima Professoressa di Matematica, la Signorina De Marchi. La presenza degli ultimi due non mi era ben comprensibile, ma suppongo che fosse dovuta ai fondati timori da parte della Signora Preside che la lite si riaccendesse violentemente all’interno della scuola, con relativo scambio di pacche e ingiurie. Nel caso che ciò accadesse, la presenza simultanea di vari rappresentanti dell’autorità scolastica avrebbe dovuto avere effetto dissuasivo o, nel peggior dei casi, repressivo.

Ciccio presentava evidenti ematomi sulla fronte e sullo zigomo sinistro. Romeo Gnudi, fasciato in volto e incerottato a dovere nell’ambulatorio scolastico, soffriva ancora di alcuni dolori nelle parti delicate, che gli rendevano difficile ergersi in posizione perfettamente verticale. Dalle narici non sanguinava più, e sembrava avere mantenuto il setto nasale intatto.

Io e la Zanna, a parte i nervi, stavamo bene.

- Gnudi, hai trovato buona compagnia, a quanto pare – fu il saluto di benvenuto della Preside.
- Era solo uno scherzo, io non volevo... - attaccò Gnudi.
- Stai zitto, Gnudi. Per favore, stai zitto. Guarda che la mia pazienza ha un limite. E l’anno scorso l’avevi già superato! - lo bloccò la signorina De Marchi.
- Si calmi, professoressa De Marchi –, tagliò corto la Preside. - Non peggioriamo la situazione. È il primo giorno di scuola e vorrei arrivare all’ultimo senza maggiori problemi.-
Il discorso della Preside sulla funzione educativa e socializzante della scuola andò avanti per una ventina di minuti. Per momenti era quasi convincente la nostra nuova preside, ma guardando la Zanna vedevo la rabbia dell’animale, e sentivo che le cose erano più complesse.

Alla fine, grazie anche alla mia testimonianza, io e Ciccio fummo considerati vittime non colpevoli del caso. La Zanna, che rischiava una sospensione di larga durata, ricevette solo un’ammonizione scritta, così come Romeo Gnudi. I loro genitori furono mandati a chiamare e assistettero a una riunione disciplinare. La Preside, in nome del dovere docente e della volontà di non penalizzare scolasticamente ragazzi di per sé già socialmente problematici, informò che non ci sarebbero state sospensioni, almeno per il momento.

Al termine della riunione i genitori si strinsero le mani, promisero alla Preside di parlare con i loro rispettivi figli e di collaborare allo sforzo socializzante della scuola.
Non so come collaborarono i genitori di Romeo Gnudi; la madre della Zanna fu intransigente: decise di controllare la sua caratteriale figlia da vicino, così, sino a fine ottobre, la nostra leader fu tristemente privata della sua libertà d’azione. Niente pomeriggi sotto i portici del Pratello, niente baraccio, niente collette per i gelati, niente biciclettate attorno al palazzo dello Sport, niente allenamenti della Fortitudo, niente autografi dei giganti di via San Felice, niente irruzioni nel cortile della parrocchia con gavettoni di vernice. Niente. Per più di un mese la Zanna fu ridotta a una vita casa e scuola. Ma, come dice il proverbio, non c’è male che per ben non venga: con quella sua esibizione di forza, audacia e agilità, la Zanna era diventata l’eroina della scuola, suscitava il timore dei bulletti e l’ammirazione delle ragazze che la idolatravano sino a mitizzarne le gesta. Alcune mitomani arrivarono a raccontare di aver visto con i loro occhi come la Zanna alzava Romeo Gnudi con una sola mano, stringendolo al collo e tenendolo così in aria per vari minuti. La fantasia popolare, a volte, è veramente esilarante.


Comunque fosse, la Zanna acquisì un’aura quasi mitica che, lungi dallo scemare, si ingrandì col passare dei giorni e la mancanza di qualsiasi reazione da parte di Romeo Gnudi.

Dopo quel primo giorno agitato, infatti, le settimane trascorsero con quasi assoluta tranquillità: ci furono appena un paio di scazzottate in cortile, entrambe finalizzate a definire la proprietà di un pallone, ma né Romeo Gnudi né la Zanna furono implicati in quegli insignificanti scontri senza sangue.

Con novembre, poi, arrivò anche il freddo padano, e la Zanna, ahimé, ne fu la prima vittima stagionale: influenza con bronchite. Per ordine medico furono proibite le visite all’ammalata: il timore degli adulti, soprattutto dei medici, di un contagio generalizzato all’interno della scuola era altissimo. Meglio così, perché l’unica volta che riuscii a eludere i controlli dell’intansigente Zanna-madre mi ritrovai in un salotto oscuro infestato da un penetrante odore di Vicks Vaporub, con una tivù accesa in un angolo e, sulla parete opposta, un enorme divano dove giaceva il fantasma tremolante, sbiadito e rannicchiato della Zanna.
Non mi sarei stupito se mi avesse detto: "Vattene, non voglio che mi veda nessuno in questo stato". Una frase quasi da film epico; ma la Zanna no, non aveva questo senso teatrale della tragicità. Quando si accorse della mia presenza mi disse solo: "Dioboia, sono messa malissimo."
La visione imprevista di un idolo vinto dalla malattia può rappresentare un’enorme delusione per un adolescente. E devo dire che, quel giorno, la sensazione di fragilità che emanava dalla figura della Zanna fu per me un autentico shock.
Non sapevo cosa dirle e il forte odore mentolato mi nauseava. Improvvisamente avrei voluto trovarmi altrove, ma non me la sentivo di andarmene così, su due piedi, senza dirle niente. Dopo alcuni secondi di silenzio piuttosto imbarazzanti, la bronchitica mi salutò con un gesto della mano, tossendo.


- Non ti offendere, Zanna, ma cos’è questa puzza?-
- È il Vicks Vaporub, stronzo. Non l’hai mai usato?-
- Credo proprio di no.-
- Meglio per te. Ti giuro che non è per niente piacevole.-
Mi guardava con gli occhi lucidi e il naso rosso. Il resto del volto, invece, era di un pallore livido.
- Come va a scuola? - mi chiese in voce bassa, con uno strano sorriso.
- A scuola? Va bene. Perché?-
- Non fare lo gnorri, sai a cosa mi riferisco. Ciccio non ha avuto più problemi con quella gente?-
- No, tutto tranquillo.-
- E tu?-
- Io che?-
- Non hai ricevuto nessun "regalo" da quel tipo?-
- Ah, Romeo Gnudi...-
- Hai paura?-
- Diciamo che preferisco non incontrarlo.-

La conversazione fu interrotta da un attacco di tosse della bronchitica Zanna, provocatole dalle risate.
Improvvisamente mi resi conto di quello che stava insinuando e mi entrò un certo timore.
- Sei proprio una signorina - scherzò la Zanna, appena la tosse la lasciò parlare. - Diciamo che ti caghi addosso solo all’idea di trovartelo davanti, e quando esci da scuola vai a casa di corsa...-
Per fortuna la tosse la interruppe di nuovo. La Zanna rideva, tossiva e rideva, ma io sapevo che aveva ragione, e mi vergognai del mio timore.
Romeo Gnudi e i suoi amici non avevano sviluppato esattamente una gran simpatia per me. E incontrarmeli in mezzo alla strada da solo, senza la Zanna di fianco, mi avrebbe trasformato nel bersaglio della loro vendetta. Era la prima volta che quel pensiero mi si presentava in modo così chiaro.
- Che cavolo devo fare se me lo trovo davanti e mi mette le mani addosso? - chiesi alla mia impavida amica che sorrideva, vedendo crescere il timore nei miei occhi.

Il sorriso della Zanna cambiò leggermente, trasformandosi in un’espressione di intesa. Io rimasi lì in silenzio, aspettando la sua risposta. Anche lei mantenne il silenzio per un momento, poi si alzò in piedi e, senza perdere quel malizioso sorriso di complicità, mi fece segno di avvicinarmi.
- Gopugicaca - mi sussurrò all’orecchio, con un filo di voce.

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